sabato 31 maggio 2025

Leopoldo Di Girolamo a capo del Pd di Terni: dall'età del ferro si retrocede a quella del bronzo

di Andrea Liberati

ex consigliere regionale Umbria

Alla luce della stanca riproposizione degli stessi rispettabili nomi di sempre nella politica locale, qualcuno mi ha chiesto di intervenire, essendo stato tempo fa, unitamente a tanti amici visionari, fiero antagonista del sistema ternano e umbro, nei suoi anni crepuscolari. Era una fortezza diretta da un blocco di potere di supposta sinistra, con il contributo complice di una sconclusionata destra. Tutti insieme come un grumo di veri conservatori, persone che fingevano di proporre ricette assai diverse e, invece, indossavano mere maschere, le stesse che si osservano a ogni ciclo elettorale. Mi chiederei anzitutto: dopo "LEO", a quando il ritorno della stessa Catiuscia Marini alla guida di qualche entità targata PD? Con l’annunciato rientro a capo del partito di Terni di Leopoldo Di Girolamo, è infatti lecito attendersi la ricostruzione integrale dell’antica nomenclatura, quella che, ad esempio, ha garantito decenni di appalti pubblici sicuri, a Terni come a Perugia, alle medesime megacooperative legate alla politica -spesso direttamente finanziata da queste stesse entità. Ché poi non è questione di facce, ma di persistente penuria di donne e uomini in grado di elaborare contenuti necessariamente innovativi, in coraggiosa rottura con quanto ereditato sinora. D'altra parte, il superamento dei teoremi giudiziari, comprensibilmente dolorosi, non cancella errori e orrori gestionali, politiche di favore e una cultura amministrativa tutt’altro che votata a efficacia ed efficienza di una P.A. usata non di rado come Bancomat da compagni & compari, da sinistra a destra. Se la priorità, ieri come oggi, è proteggere solo certi mammasantissima del sistema, l’Umbria resterà la solita foresta pietrificata in cui gli investimenti da fuori regione erano (e sono) inconsistenti, mentre frattanto si alzano con leggerezza le tasse (cioè solo a chi le paga) e si riduce drammaticamente la spesa pubblica, drenata per i più discutibili obiettivi e non-servizi cronicamente esternalizzati, senza mai colpire le pur notissime rendite parassitarie esistenti. Tanto malgoverno è proseguito per decenni, anche con la regia della presunta opposizione di destra. Un'opposizione talmente coreografica, debole, non di rado collusa, da procedere -una volta al governo- quasi sempre con le medesime pratiche, gli stessi progetti di 30 anni prima, gli stessi favoritismi, gli stessi appalti, le stesse megacoop contigue ai partiti, gli stessi padrini e padroni da tutelare, gli stessi servizi sanitari e ambientali di seconda e terza classe -comunque ben pagati agli interessati- in pieno continuum gestionale generale, sostanzialmente vanificando utilità dell’alternanza e, quindi, il senso del voto stesso. Voto, spesso, nemmeno così libero. Voto ormai ampiamente disertato. Abbiamo sperato e creduto che pure nella piccola Umbria si potesse uscire dall'Età del Ferro per abbracciare finalmente il futuro, raccogliere i benefici di Big Tech, intercettare investimenti innovativi e puliti, ma evidentemente non è possibile: dall'Età del Ferro, infatti, sembra si possa retrocedere ancora, fino all'Età del Bronzo, le cui facce sono le stesse di 30 anni fa. Ma, come ricordato, non è solo un problema di facce. E' il sintomo plateale dell'incapacità di Terni, dell'Umbria, della politica, di rigenerarsi non solo o non tanto con persone nuove, ma con idee e prassi adeguate alla modernità.


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