Emiliano Camuzzi, operatore Ata per Martina Leonardi Presidente della regione Umbria
-in breve proposte per lo sviluppo della Regione Umbria in tutte le sue peculiarità territoriali
Veniamo da un ventennio in cui i governi regionali, di opposto colore politico, hanno fatto l'esatto contrario di quello che sarebbe dovuto essere uno sviluppo omogeneo dei diversi territori che compongono l'Umbria. Lorenzetti, Marini e Tesei sono state espressione, oltre che di gruppi di potere ben definiti a livello sociale, anche di vere e proprie " cordate locali": è chiaro che alcuni territori ed alcune città hanno ricevuto un trattamento di favore rispetto alla destinazione di investimenti e finanziamenti pubblici e privati; altri sono stati pesantemente penalizzati, abbandonati e colpiti da tagli dei servizi . Va ripristinato innanzitutto un principio di equità, i cittadini che pagano le tasse meritano lo stesso trattamento e lo stesso rispetto, sia che vivano nei comuni capoluogo di provincia che in quelli sotto i 5 mila abitanti, dalla Alta valle del Tevere al narnese /amerino, dalla Valnerina al Trasimeno. La salute deve tornare ad essere un diritto fondamentale ed universale: va ripristinato il pieno funzionamento dei presidi sanitari depotenziati durante la pandemia, penso in particolare a Spoleto, la cui utenza in conseguenza della soppressione dei reparti, viene a ricadere su Terni.
Sul tema dello sviluppo, l'Umbria è una regione con un'alta presenza di multinazionali sul territorio, grandi aziende con cui le istituzioni pubbliche non devono avere un rapporto di subalternità; ma accanto esiste un sistema variegato di piccole e medie imprese che spaziano dal tessile all' agroalimentare, dalla pesca al turismo ed ai servizi. Con questa rete di PMI, nella prima fase della storia del regionalismo umbro, si è avuto un rapporto positivo, con una classe politica lungimirante che condivideva e concordava con le parti sociali politiche di sviluppo e programmazione; negli ultimi 20 anni almeno questo legame si è perso, con le classi dirigenti che si sono rintanate nel palazzo ed hanno preferito avere rapporti con la società soltanto in funzione clientelare e di interessi particolari. Queste pratiche vanno ribaltate e la partecipazione deve tornare ad essere centrale.
-Una ricetta per rivitalizzare i centri cittadini nell'ottica di città dinamiche
Assistiamo in queste settimane a notizie ricorrenti di chiusure di attività commerciali nei centri storici, sia a Terni che a Perugia . Siamo disponibili a ragionare con le associazioni di categoria su politiche mirate per il settore, dalla promozione turistica, agli eventi fieristici o sportivi, dalle misure sul traffico al tema della formazione dei giovani nelle attività artigianali. Tuttavia crediamo che il problema centrale sia quello dei redditi. L'Umbria nel 2023 risulta al penultimo posto tra le regioni del centro Italia nella media delle dichiarazioni dei redditi sopra soltanto all' Abruzzo: questo in un contesto in cui i dati OCSE certificano che l'Italia è il paese dove i salari reali sono diminuiti di circa il 6% rispetto al periodo pre covid, stabilendo un poco invidiabile record negativo a livello europeo. I processi di crisi e ristrutturazione industriale che hanno attraversato l'Umbria (AST, Treofan, Sangemini, Merloni, Trafomec , ecc, ) incidono sul potere d'acquisto delle famiglie dei lavoratori e di conseguenza sui bilanci delle piccole e medie imprese del commercio. Per questo riteniamo necessario il ritorno ad un ruolo delle istituzioni nelle scelte di politica industriale e di programmazione. Dovremmo poi difendere le nostre città dalla bulimia e dall'assalto di grandi centri commerciali e grandi catene internazionali che portano consumo di suolo, cementificazioni e soprattutto, a differenza delle nostre piccole attività a conduzione familiare, portano gli incassi che registrano sul territorio fuori regione, fuori dall'Italia, se non addirittura in paradisi fiscali.
Una considerazione poi la vorrei fare rispetto al tema della sicurezza nei centri cittadini, anche perché, le altre notizie frequenti in queste settimane, sono quelle di cronaca; ebbene, le scorse elezioni amministrative e regionali hanno visto la vittoria di quelle forze che avevano nel programma la svolta securitaria, telecamere, militarizzazione delle città, repressione. Noi, allora come oggi, proponiamo un modello diverso fatto di welfare di comunità, aggregazione, reti sociali che rendano le strade più sicure. Evidentemente, se dopo diversi anni di amministrazione da parte dei vincitori di allora, i problemi di sicurezza continuano a presentarsi, quel modello ha fallito.
-Piano regionale non autosufficienza : perché l'Umbria continua a negare l'assegno di cura/sollievo per le famiglie di disabili?
Non si fanno investimenti sui disabili perché il carico sul lavoro familiare e di cura viene fatto ricadere, per scelta politica, sulle spalle delle famiglie stesse, in particolare delle donne. L'ultima legge sulla famiglia lo dice chiaramente, non poteva esprimere meglio il concetto: favorire la cura all'interno delle famiglie; questo vuol dire lasciarle sole, e lasciarle sole significa lasciare sole le donne. Ma anche minare l'inclusione, un disabile ha bisogno non solo di stare in famiglia ma di essere accolto nella società, di progetti che guardino al futuro , quelli che si occupano del dopo di noi, per esempio. Un disabile avrebbe anche bisogno di lavorare, a proposito di inserimento e di integrazione nella società, ma il tema è tabù, e la situazione dei centri per l'impiego è drammatica, tanto più rispetto al capitolo della legge 68, a maggior ragione dopo le varie " riforme" del collocamento e delle province. Anche durante la pandemia questo tipo di mentalità si è concretizzata nella decisione di chiudere le scuole e tenere le donne a casa. La concezione della donna come angelo del focolare è un residuo quasi medievale.
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