Sono oltre 10 anni che ci occupiamo dell’idroelettrico di Galleto-Marmore, forziere per pochi che, parassitariamente, lucrano sulla nostra acqua, senza il minimo vantaggio per Terni e per l'Umbria.
Si pensi che, solo in questi ultimi 10 anni, le multinazionali avvicendatesi nella gestione del polo idroelettrico locale hanno guadagnato ben più di un miliardo e mezzo di euro, lasciando a Terni e all’Umbria ben meno di quattro spicci, oltre a svariati danni tra Marmore (con la povera 'cascata a ore’, chiusa complessivamente per oltre sei giorni su sette) e Piediluco (per gli immobili 'offesi' dalla variazione idrometrica intensiva quotidiana). Uno scandalo assoluto, nel silenzio di gran parte della società politica e civile locale e regionale, sempre inspiegabilmente prona al concessionario di turno. Nelle ultime settimane si è fatta sentire, rediviva, l’Acciaieria, con alcune fantomatiche rivendicazioni.
Lorsignori, a capo dell'insaziabile mostro industriale ottocentesco, oltre ad aver già ottenuto altri suoli da ghermire con maxi volumi aggiuntivi di scorie e fanghi velenosi non riciclabili, sognano di acciuffare last minute pure le centrali idroelettriche, magari evitando le gare. Solo che nella UE certi vantaggi competitivi non si accordano per gentile concessione della Regione o grazie agli amici in Comune o a Roma, ma solo se la Commissione europea fosse d'accordo. Tuttavia, se pure dovessimo dare le nostre centrali a qualcuno, converrebbe davvero offrirle all'arcaico carrozzone di Viale Brin, in declino irreversibile?
Tra mercato domestico inconsistente, automotive europeo sulla via del fallimento, acciaierie che comprano esse stesse il prodotto in Asia, mentre Bruxelles sembra non decidere su lavoro, energia, materie prime, direzione industriale, etc., la crisi del siderurgico è imminente. E, così, noi avremmo dato i nostri gioielli -le centrali- a chi li terrebbe per la rendita certa che generano, ma, con l'altra mano, lo stesso soggetto magari licenzia svariate centinaia di persone a causa della riduzione di ordini e commesse, come altri già fanno in Italia e all'estero. C'è però un settore che continuerà a espandersi per interi lustri. Se la Regione Umbria fosse lungimirante, supererebbe di slancio l’Età del Ferro (inquinante e devastante), segnalerebbe alle Procure competenti gli enormi danni ambientali e sanitari fin qui determinati, per poi subito abbracciare la rivoluzione digitale: grandi società americane (e alcune cinesi) dell'IT stanno investendo nel mondo e centinaia di centinaia di miliardi di dollari. E continueranno a farlo, per molti anni a venire, con milioni e milioni di nuovi posti di lavoro, stando alle osservazioni degli analisti. I protagonisti del Big Tech, nel costruire ovunque i loro innovativi ecosistemi industriali, cercano tanta energia elettrica pulita e a basso costo. Qui, a Terni, grazie all'acqua, produciamo già 1,5 TWh di energia green all'anno: quale occasione migliore per creare un ambiente favorevole a simili investimenti, condizionando la cessione di energia alla creazione di un hub digitale di rango internazionale? Eviteremmo così di legarci mani e piedi unicamente a quei soggetti -gli acciaieri- che hanno già distrutto il nostro ambiente per i prossimi secoli, tra metalli pesanti, diossine e rifiuti connessi ai processi fusori. Non sarebbe così difficile guardare al futuro, a meno che la politica locale non pensi comodamente di fare per l'eternità solo quello che conosce (e che fa male, viste le disastrose conseguenze per ambiente e salute).
Nulla è immobile, tutto cambia e certe produzioni si ridimensionano, come del resto, qui, accade già da 50 anni. Andare avanti, preparando l'alternativa, è il must non più rinviabile: ed è il momento giusto.
L'idroelettrico è la carta vincente per implementare finalmente ben altro rispetto all'infinito e sordido grigiore della 'Terni' e di Terni.
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